Sempre più aziende faticano a trovare i dipendenti di un certo calibro e, soprattutto, faticano a trattenerle. Ma non si tratta di un semplice cambio di impiego, la questione è più profonda.
Molte persone non stanno bene nel proprio ambiente di lavoro. Il fenomeno delle grandi dimissioni di massa ne è la prova, supportata dal fatto – di cui abbiamo già parlato in uno dei nostri articoli precedenti (https://www.resopt.it/le-grandi-dimissioni-cause-comunemente-ipotizzate-vs-causa-di-fondo/) – che l’85% delle persone odia il proprio lavoro, come affermato da una ricerca della nota società di analisi e consulenza Gallup.
Cosa dobbiamo fare, quindi, affinché le persone inizino a vivere con la meritata tranquillità e serenità i propri ambienti di lavoro?
Prima di parlare di soluzioni, abbiamo bisogno di capire il panorama nel quale stiamo operando.
Viviamo nell’era dell’informazione, dove i dati viaggiano in tempo reale. Siamo continuamente sollecitati, per non dire bombardati, da una moltitudine di informazioni che non ci danno pace. La maggior parte di queste informazioni non aggiungono alcun valore alla nostra vita, ma fungono da fastidiosi disturbatori che non ci permettono di focalizzare l’attenzione su ciò che veramente conta, creandoci un danno non indifferente, dal punto di vista psicologico in primis e, come conseguenza, anche dal punto di vista economico.
Inoltre, poco tempo fa abbiamo vissuto una pandemia che ci ha tenuto rinchiusi dentro le proprie abitazioni, facendoci allontanare gli uni dagli altri e mettendoci molta paura.
Allo stesso tempo, oltre alla crisi energetica che si è venuta a creare negli ultimi mesi, stiamo assistendo a una serie di guerre in tutto il mondo, che non fanno altro che alimentare l’odio tra le persone e accentuare l’ormai famoso “individualismo” che governa le nostre vite professionali e private, e di conseguenza i nostri pensieri e noi stessi, da molti anni a questa parte.
Il taylorismo ci ha insegnato che esiste una contrapposizione tra la forza lavoro e la direzione all’interno dell’azienda. Questa concezione, nata nel 1911, poteva anche andar bene per le esigenze della produzione di massa dell’epoca. Ma sono passati più di 100 anni.
Attualmente, vediamo che il fenomeno delle dimissioni di massa (The Great Resignation) sta mettendo alla prova le fondamenta del teorema citato. I dipendenti non vogliono più essere trattati come un numero…i dipendenti pretendono che vengano prese in considerazione le loro esigenze, opinioni, valori, sogni…oseremmo dire giustamente anche.
I dipendenti, quindi, non accettano più ambienti di lavoro dove “comanda“ il titolare, dove i rapporti interpersonali sono insoddisfacenti; cercano, invece, più comprensione, stima e riconoscenza per il lavoro che svolgono e per il valore che danno e hanno.
I datori di lavoro, nella figura dell’Imprenditore o dell’Amministratore, devono capire che i tempi sono cambiati e che non possono più pensare di guidare la propria azienda come una volta. O rimangono al passo con i cambiamenti o fra poco si troveranno nel caos, col rischio di vedere bloccato il proprio processo produttivo/operativo a causa della mancanza di manodopera.
Questo non significa dare il contentino ai dipendenti per “tenerseli buoni”. Significa cambiare radicalmente la prospettiva e cercare di fare il bene del dipendente, tenendo in considerazione anche la sua sfera privata.
Questo permetterà al datore di capire anche su quali dipendenti poter contare e quali no.
“Non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo.” Albert Einstein
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